Dopo l’emanazione dell’ultimo DPCM dell’8 marzo 2020, contenente disposizioni molto più restrittive e puntuali, con ogni evidenza finalizzate a ridurre almeno nelle intenzioni, se non impedire, ogni occasione di contatto più ravvicinato tra le persone per porre un qualche argine al dilagare dell’infezione da COVID-19, si evidenzia in modo chiaro la condizione del personale ATA che resta in servizio nelle scuole nelle quali le lezioni sono state sospese. Paradossale? Per di più, data l’emergenza in atto per la quale è necessario contenere il più possibile la mobilità lavorativa per l’intera durata del periodo di rischio, ai Dirigenti Scolastici è stata demandata la facoltà di valutare l’adozione di forme di lavoro agile e flessibilità organizzativa, anche promuovendo, a domanda del lavoratore, periodi di congedo ordinario/ferie. In ordine a tale responsabilità, ancora una volta scaricata tout court sui capi d’istituto, si evidenziano alcune criticità sulle quali appare opportuno sollecitare la riflessione da parte del MIUR:
- per quanto attiene la presenza del personale ausiliario oggi tenuto in servizio, è evidente che essa debba essere limitata al numero strettamente indispensabile per l’espletamento dei servizi minimi, inderogabili e indifferibili, assicurati attraverso turnazioni delle unità personale, possibilmente residente nelle aree sulle quali insistono gli edifici scolastici, sì da evitare l’utilizzo di mezzi pubblici, allo scopo di rispettare le misure di sicurezza finalizzate a ridurre la diffusione del contagio. Tuttavia, l’assenza dal servizio di questo personale, al momento, è possibile solo attraverso la fruizione di periodi di congedo ordinario o di ferie, da richiedersi da parte dei dipendenti, dunque su base volontaria. Non si capisce, pertanto, in quale modo il datore di lavoro (nel nostro caso il dirigente della scuola) possa favorire tale soluzione indicata al comma S art. 2 del citato DPCM, non essendogli data facoltà di collocare i dipendenti in ferie d’ufficio, né essendo presa minimamente in considerazione l’ipotesi di estendere alla scuola pubblica quanto già previsto ad esempio, nel Ccnl per le Scuole private materne Fism, che all’articolo 59 recita “qualora la sospensione del servizio sia imputabile a causa di forza maggiore e/o per decisione dell’Ente gestore, il personale non è tenuto al recupero delle ore e/o dei giorni non prestati, mantenendo il diritto alla retribuzione”;
- per quanto riguarda, invece, lo smart working prevedibile per gli assistenti amministrativi, si osserva che il D.lgs. 81/08 impone il rispetto di un innumerevole elenco di condizioni, inerenti i requisiti degli ambienti e delle strumentazioni utilizzate nonché delle prassi osservate dal lavoratore, sulle quali è impossibile che il capo d’istituto possa direttamente vigilare, pur rimanendo in capo a questi la responsabilità non solo di valutare la sussistenza delle predette caratteristiche ma anche la misurabilità del lavoro operato in questa modalità del tutto inedita per la maggior parte degli istituti scolastici, come recita la Circolare M.P.I. del 6 marzo 2020.
Insomma, ancora una volta ci sembra che vengano proposte con eccessiva disinvoltura soluzioni nei fatti, assai poco praticabili, la cui organizzazione finisce col ricadere come sempre sul Dirigente Scolastico, deus ex machina immune e senza tempi, in un meccanismo che invero funziona assai poco.
DS Annarita Quagliarella Redazione Mod.81